Prepararsi alla Liturgia – XXXII domenica del tempo ordinario

A mezzanotte si alzò un grido

 Piero Stefani  (fonte..: www.IlRegno.it)

Sap 6,12-16; Sal 63(62); 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13

Chi ama la grande musica ha nell’orecchio il corale di Johann Sebastian Bach con cui inizia la cantata: «Wachet auf, ruft uns die Stimme», «Svegliatevi, ci chiama la voce» (l’omonimo preludio corale è invero ancor più celebre). La forza evocativa dell’incipit è grande nella musica e nelle parole. Di che voce si tratta? Non è direttamente quella di Dio. Il testo di Philipp Nicolai (1599) la individua infatti in quella dei guardiani che dalla torre si rivolgono alle vergini sagge. Si tratta della cantata per la XXVII domenica dopo la Trinità in cui era letto il vangelo delle vergini sagge e di quelle stolte (cf. Mt 25,1-13). Il testo della cantata intesse tra loro passi evangelici, allusioni al Cantico dei cantici ed altri brani biblici. Il messaggio fondamentale è però tutto contenuto nella voce che invita a svegliarsi. Si sarebbe propensi ad accostarla all’invito di Paolo: «È ormai tempo di svegliarsi dal sonno» (Rm 13, 11).

Quanto distingue le vergini sagge dalle stolte non è la capacità di vegliare, nessuno dei due gruppi resiste al sonno. Il motivo che spiega il loro addormentarsi è da ricercarsi nel tratto che accomuna le tre parabole poste a cavallo dei capitoli 24 e 25 di Matteo: il ritardo di chi deve venire. È il caso, oltre che delle vergini che attendono lo sposo, tanto del servo a cui il padrone ha affidato i propri beni (cf. Mt 24,45-51) quanto di chi ha distribuito ai propri servi i talenti per tornare solo dopo molto tempo (cf. Mt 25,19). Quando la durata si allunga le palpebre si appesantiscono. La voce non impone di restare desti, invita a essere solleciti nello svegliarsi. Nella vita spirituale non ci è concesso di resistere sempre all’aridità che si incunea nella vita quotidiana. Quanto è decisivo è che essa non abbia l’ultima parola.

Le vergini sagge si differenziano dalle stolte per aver portato con loro una riserva d’olio; erano quindi consapevoli che l’attesa avrebbe potuto essere lunga. Nessuno trova in se stesso la capacità di durare: l’olio si consuma. Per la parabola la saggezza coincide con la capacità di ricominciare. Dopo il sonno si inizia di nuovo a vivere da svegli. Per farlo bisogna non aver esaurito tutte le scorte neppure quando si è vinti dalla stanchezza. Anche allora è necessario essere segretamente capaci di attendere. Si legge nel Cantico dei Cantici: «Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore. Un rumore! la voce del mio amato che bussa; “Aprimi sorella mia…”» (Ct 5,2). Occorre un cuore capace in qualche modo di vegliare anche quando si sta dormendo. Nella vita di tutti i giorni sono tante le circostanze che ci rendono banalmente addormentati; la perfezione di una ininterrotta vigilanza non è alla nostra portata. Quel che davvero conta è l’essere in grado di udire la voce che ci ridesta al momento opportuno. Allora bisogna trovarsi pronti. Ciò vale sia che la voce provenga da Dio sia che giunga dai bisogni dei fratelli.

L’odierna parabola ha anche un lato più in ombra. Quest’anno il brano dedicato alle vergini sagge cade il giorno dopo la festa di San Martino. Di quest’ultimo è universalmente noto il gesto di tagliare il proprio mantello per darlo al povero. Se avesse ragionato come le vergini sagge forse si sarebbe rifiutato di compiere quell’atto adducendo la ragione che il corto mantello non avrebbe scaldato né lui né il mendicante (cf Mt 25,9). Sagge ed egoiste allora? Il senso non è evidentemente questo. Bisogna tornare alla voce che chiama. Ci sono situazioni in cui la risposta va data in prima persona, in quei frangenti nessuno è in grado di sostituirci, né a noi è dato di sostituire qualcun altro. Si sarebbe, perciò, tentati di chiosare liberamente il comportamento delle vergini sagge con un detto rabbinico attribuito a Hillel: «Se io non sono per me chi per me? E se anche fossi per me che sono io? E se non ora quando?» (Pirqè Avot 1,14). Ora tocca a te ridestarti e andare incontro allo sposo con la lampada accesa.

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