Prepararsi alla liturgia – II domenica di Quaresima

La via e la meta

 Piero Stefani  (fonte..: www.IlRegno.it)

Gen 12,1-4; Sal 32 (33); 2Tm 1,8-10; Mt 17,1-9

Perché leggere il Vangelo della Trasfigurazione nella seconda domenica di Quaresima? Sarebbe sbagliato cercare una risposta che dica tutto. Si possono seguire varie piste, una di esse si basa sui personaggi relativamente minori. Abbiamo due terzetti: uno in alto, Gesù in mezzo a Mosè ed Elia, e uno più in basso, costituito da Pietro, Giacomo e Giovanni (cf. Mt 17,1-3). Pietro, di fronte alla scena dello splendore, celebra la bellezza dell’evento. La richiesta di fare tre capanne (così nell’attuale traduzione CEI, che corregge la precedente inadeguata «tende») è del tutto consapevole della situazione in cui si trovano. La festa delle Capanne è dotata di risonanze profetiche altissime (cf. Zc 14,16-21).

Per capire le parole dell’apostolo occorre fare un passo indietro e vari passi in avanti. Sei giorni prima della Trasfigurazione è avvenuto l’episodio del cosiddetto primato di Pietro (cf. Mt 16,13-20), a cui segue immediatamente il primo annuncio della Passione (cf. Mt 16,21). In quell’occasione l’apostolo diventa per Gesù una pietra d’inciampo (scandalo), perché reputa la croce una via non degna del Maestro (cf. Mt 16,22). La risposta di Gesù è molto dura: colui che è stato scelto come pietra su cui edificare la Chiesa è accusato di pensare secondo gli uomini e non secondo Dio (Mt 16,23). Ma per seguire Gesù (e il primo a farlo deve essere Pietro/Satana: «Va’ dietro a me») non c’è altra strada che perdere la propria vita per ritrovarla (cf. Mt 16,24). La Trasfigurazione avviene dopo questi fatti.

La richiesta di Pietro di costruire tre capanne non è ingenua; eppure, ancora una volta, egli dimostra di non comprendere la via della croce. L’apostolo pensa di giungere alla mèta senza percorrere la via. Gesù aveva indicato la necessità di muoversi, il termine chiave è seguire (cf. Mt 16,25); mentre ora Pietro usa un’espressione opposta: «Signore è bello per noi essere qui…» (Mt 17,4). Egli vuole che la stabilità della mèta preceda il cammino. Gesù però fa scendere i discepoli dal monte (cf. Mt 17,9). Poco dopo pronuncerà il secondo annuncio della Passione (cf. Mt 17,22-23).

Perché allora leggere questo Vangelo nella seconda domenica di Quaresima? Per far comprendere che la Trasfigurazione è tappa sulla via della Pasqua. Chi c’era al Getsemani? Lasciati i discepoli, Gesù si allontanò un poco di nuovo con Pietro e i due figli di Zebedeo (vale a dire Giacomo e Giovanni). Essi non furono capaci di vegliare quando Gesù era immerso nell’anti-trasfigurazione dell’orto degli ulivi. Là non ci fu alcuna voce del Padre, ma solo una lacerata preghiera in cui la supplica si incontrò con l’accettazione (cf. Mt 26,39). Anche nell’orto l’ultima parola di Gesù rivolta ai discepoli fu di nuovo all’insegna del movimento: «Alzatevi e andiamo…» (Mt 26,46).

È espressione corrente parlare di cammino quaresimale; se pensata in modo non ripetitivo, si tratta di una frase del tutto adeguata al Vangelo odierno, non meno di quanto non lo sia la prima lettura, che comincia con un «Vattene…» (Gen 12,1). La fede non è mai statica; essa ci chiama al cammino (allusione contenuta pure nel titolo di questa rubrica) anche quando viviamo l’attimo benedetto che ci fa pregustare la meta.lineaDiv1

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