Iniziò dalle periferie
Piero Stefani (fonte..: www.IlRegno.it)
I Vangeli presentano Gesù come uomo delle periferie. Egli compie il suo annuncio del Regno in zone decentrate. Tutte le narrazioni evangeliche concordano su un dato: a eccezione di Gerusalemme, l’azione pubblica di Gesù evitò qualsiasi altra grande città. Colui che si assunse il compito di predicare il Vangelo ai peccatori, ai pubblicani e alla prostitute, che ritenne il proprio ministero decisivo per l’intero Israele, si astenne dal frequentare i luoghi che apparivano i più consoni a quel tipo di annuncio.
Lasciata Nazaret, villaggio mai nominato nelle Scritture ebraiche (cf. Mt 2,23), Gesù, per inaugurare la propria missione, va ad abitare semplicemente a Cafarnao, piccola città posta sulla riva del lago di Tiberiade (Mt 4,13). Lo spostamento è giustificato da Matteo in virtù dell’adempimento di una profezia relativa alla «Galilea [in senso originario «distretto»] delle genti» (Mt 4,14-16; Is 8,23-9,1). L’inedita dimensione decentrata propria della predicazione di Gesù cerca il proprio sostegno nelle Scritture.
Comune agli evangelisti è non menzionare le grandi città galilaiche. Si tace su Sefforis (o Zippori, capoluogo della regione, distante appena 6 km da Nazaret), su Tiberiade, su Scitopoli (nota anche come Bet Shean), su Cesarea di Filippo (si afferma solo che Gesù andò nei suoi pressi, Mt 16,13), si ignora l’altra Cesarea, quella marittima (Gesù non andò mai in alcuna città della costa mediterranea).
L’annuncio evangelico non fu compiuto nei luoghi contrassegnati dalla presenza delle autorità romane, non avvenne in città dotate di teatro, terme, ippodromo. Nei pellegrinaggi in Terra santa, forse, si conseguirebbe un maggior arricchimento spirituale e non solo culturale se si prestasse attenzione, per antitesi, ai luoghi non frequentati da Gesù.
Gesù guardò a tutto Israele partendo da una regione periferica, ma non depressa. In termini attuali ci si potrebbe riferire ad ambienti consapevoli della forza creativa racchiusa in luoghi alternativi ai grandi centri urbani. Il lessico posto dai Vangeli in bocca a Gesù si richiama, di preferenza, a contesti agricoli (sementi, campi, vigne, lavoratori a giornata) o ad attività come la pesca e la pastorizia. Le metafore del Regno hanno poco da spartire con la vita cittadina.
Per esprimere la dinamica più profonda legata alla crescita dell’annuncio evangelico si ricorre a immagini agricole, per indicare il compito dei primi discepoli si allude al mestiere del pescatore che, per definizione, non può avvenire in città. Nel loro insieme queste metafore attestano la sproporzione esistente tra l’ampiezza del «buon annuncio» («Convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino», Mt 4,17) e i modi marginali in cui esso fu trasmesso. Tutto è legato a Gesù, uomo venuto dalla periferica Nazaret e che ora rivolge la propria chiamata a un piccolo gruppo di persone sollecitate a uscire dalla loro condizione lavorativa per diventare pescatori di uomini (Mt 4,19).
In un certo senso fu così fin dalla prima chiamata ricordata dalla Bibbia, quella di Abramo, a cui il Signore ordinò di uscire dalla sua terra (Gen 12,1-3). Alle spalle di una missione c’è sempre un distacco. È tratto accomunante. Tra la chiamata rivolta da Gesù a Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni e quella che un tempo il Signore indirizzò ad Abramo c’è però una grande differenza. Essa è in grado di concentrare in se stessa tutta la novità dell’Evangelo.
La si può racchiudere in un’unica espressione: «Venite dietro a me» (Mt 4,19). Ora non si tratta di uscire per andare verso una terra ignota, occorre invece seguire colui che è già in cammino. Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni sono i primi a testimoniare quanto vale tuttora per ogni autentico discepolo: per lui «uscire» significa sempre «seguire» Gesù.
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