“presi fra gli uomini”, “costituiti in favore degli uomini”, presenti “in mezzo agli altri uomini”
[…]Dal momento che la vocazione al sacerdozio è un dono che Dio fa ad alcuni per il bene di tutti, vorrei condividere con voi alcuni pensieri, proprio a partire dal rapporto tra i preti e le altre persone, seguendo il n. 3 di Presbyterorum ordinis, nel quale si trova come un piccolo compendio di teologia del sacerdozio, tratto dalla Lettera agli Ebrei: «I presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati, vivono quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli».
Consideriamo questi tre momenti: “presi fra gli uomini”, “costituiti in favore degli uomini”, presenti “in mezzo agli altri uomini”.
[…]Mi piace in questo senso ricordare quel fondamentale “centro di pastorale vocazionale” che è la famiglia, chiesa domestica e primo e fondamentale luogo di formazione umana, dove può germinare nei giovani il desiderio di una vita concepita come cammino vocazionale, da percorrere con impegno e generosità.
In famiglia e in tutti gli altri contesti comunitari – scuola, parrocchia, associazioni, gruppi di amici – impariamo a stare in relazione con persone concrete, ci facciamo modellare dal rapporto con loro, e diventiamo ciò che siamo anche grazie a loro.
Un buon prete, dunque, è prima di tutto un uomo con la sua propria umanità, che conosce la propria storia, con le sue ricchezze e le sue ferite, e che ha imparato a fare pace con essa, raggiungendo la serenità di fondo, propria di un discepolo del Signore. La formazione umana è quindi una necessità per i preti, perché imparino a non farsi dominare dai loro limiti, ma piuttosto a mettere a frutto i loro talenti.
[…]Un prete non può perdere le sue radici, resta sempre un uomo del popolo e della cultura che lo hanno generato; le nostre radici ci aiutano a ricordare chi siamo e dove Cristo ci ha chiamati.
[…]In diocesi, anni fa… Non in diocesi, no, nella Compagnia c’era un prete bravo, bravo, giovane, due anni di prete. E’ entrato in confusione, ha parlato col padre spirituale, con i suoi superiori, con i medici e ha detto: “Io me ne vado, non ne posso più, me ne vado”. E pensando a queste cose – io conoscevo la mamma, gente umile – gli ho detto: “Perché non vai dalla tua mamma e le parli di questo?”. E’ andato, ha passato tutta la giornata con la mamma, è tornato cambiato. La mamma gli dato due “schiaffi” spirituali, gli ha detto tre o quattro verità, lo ha messo a posto, ed è andato avanti. Perché? Perché è andato alla radice.
Leggi tutto…: Ai partecipanti al Convegno promosso dalla Congregazione per il Clero, in occasione del 50° anniversario dei Decreti Conciliari “Optatam totius” e “Presbyterorum ordinis”
