Prepararsi alla Liturgia – Ascensione del Signore (Anno C) – 2 Giugno 2019

PER VIVERE “COME IN CIELO COSÌ IN TERRA”

Fabio Rosini (fonte: www.famigliacristiana.it)

 (Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)

Poi [Gesù] li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Luca 24,46-53

Questa domenica vediamo il Signore Gesù ascendere al Padre, e contempliamo che la mèta del Signore risorto non è dalle nostre parti, ma in cielo. Cosa c’è oltre la morte? Il Padre celeste. Cristo, infatti, non risuscita per riprendere a vivere e basta, ma per portare a compimento il cammino della vita umana che Lui ha assunto e portarla al Padre. Tale è la mèta dell’umanità e a ben vedere questo indica che la nostra destinazione non è propriamente un luogo, ma una relazione.

Questo lo si può assaggiare già in questa vita, ogni volta che ci lasciamo slegare dalla nostra auto-assolutizzazione e ci apriamo a una vita da figli di Dio. In quei momenti entriamo nell’amore e sfoderiamo la nostra bellezza più autentica.

È vitale, quindi, valutare le cose alla luce di quella gioiosa mèta. Vivere con saggezza signi€fica accogliere un principio di selezione: ciò che non mira al paradiso ha poco valore, va trascurato.

Possiamo chiederci: cosa signifi€ca vivere la vita come un viaggio verso il Padre? Nel testo di questa domenica Gesù dà ai suoi discepoli delle indicazioni: «Restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Accogliamo queste istruzioni anche per noi oggi: questa “città” diviene il luogo della comunità cristiana, il luogo dei sacramenti, nella Nuova Gerusalemme, nell’assemblea liturgica. Il Signore si manifesta nella liturgia della Chiesa, se “restiamo” in questa assemblea, lì dove riceviamo la nuova veste che scende dall’alto, lo Spirito Santo.

L’immagine dell’essere rivestiti ha origine nella Genesi: Adamo pecca e rompe la sua relazione con Dio e si rende conto di essere nudo, perché dubita dell’abbraccio paterno di Dio e si sente esposto e fragile. E cosa fa? Prende le cose della terra, le foglie dagli alberi, per coprirsi. Ma questo non gli dà il coraggio di affrontare lo sguardo di quel Dio di cui non si fida più.

Noi ci vestiamo con le cose della terra, con la vanagloria, i successi, i progetti. E per quanto cerchiamo di vestirci, restiamo incompleti e incerti.

 

VESTITI DI PROVVIDENZA

 

Ma l’umanità riceve in Cristo un nuovo indumento, una nuova veste, un nuovo ruolo. Di che cosa è vestito un fi€glio di Dio? Della provvidenza di Dio. Il Vangelo di Matteo dice: «Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?” Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno». La veste celeste, in altre parole, è la relazione con il Padre. Un’indole di figli che è lo Spirito Santo. Altro è cercare di affrontare la realtà con le nostre capacità, i nostri tempi, le nostre tecniche di sopravvivenza e altro è consegnare al Padre, momento per momento, la nostra vita.

Così questi giorni divengono il tempo per desiderare di spogliarci dell’abito terrestre e di essere rivestiti dall’alto, nella Pentecoste. Ascendere con Cristo verso il Padre per la potenza dello Spirito Santo lo si fa “rimanendo” nella città, nella comunità cristiana, nelle cose di Dio. A quel punto non si è più di quaggiù, si vive “come in cielo così in terra”.

30 maggio 2019

 (Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)

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