Prepararsi all’Avvento – IV Domenica

Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci

La misericordia divina in un figlio donato

l brano di Isaia 7 nasce da una terribile crisi: è in gioco la stessa sopravvivenza della monarchia davidica e l’indipendenza del piccolo regno di Giuda. Di fronte alla crisi, il profeta annuncia una sorprendente manifestazione della benevolenza di Dio verso il suo popolo: un bambino sarà donato, il bambino che una giovane concepirà e darà alla luce. Un singolare contrasto si instaura tra la situazione drammatica di guerra e di violenza e la soluzione proveniente da Dio, che Isaia ha la responsabilità di annunciare. La salvezza che viene attraverso un nuovo figlio è il segno che non sarà possibile scrollarsi di dosso le catene della violenza, se non attraverso un nuovo inizio.
 

Il problema del riconoscimento

Il popolo però si aspetta altre modalità di salvezza. Esige, come un suo diritto, di essere gratificato in altro modo. Anche il re (oltre a dover tener conto degli umori del popolo), coltiva le sue proprie aspettative di grandezza. Il re e il popolo appaiono incapaci di ascoltare la voce del profeta, in cui si esprime la voce di Dio. Si delinea un tragico equivoco, non infrequente peraltro, forse anche molto attuale: non mancano i segni, la volontà di Dio di comunicare; manca la disponibilità a riconoscere la sua voce. Perciò anche oggi l’umanità percorre vie di guerra: alcune esplicite ed evidenti; altre più subdole e mascherate, dietro un trucco di ragionevolezza (così come appare ragionevole il diniego di Acaz: “Non voglio tentare il Signore” in Is 7,12).
 

Orecchi capaci di ascoltare la pace

Non mancano neppure ai nostri giorni i profeti che annunciano le vie della pace, della riconciliazione, che comportano relazioni più giuste ed eque tra gli essere umani. A dire il vero non c’è neppure bisogno di profeti: si tratta di discorsi detti e risaputi, forse addirittura logorati a forza di pronunciarli. Non abbiamo bisogno di nuove profezie: abbiamo bisogno di veri ascoltatori: orecchi disposti a lasciarsi coinvolgere. Altre prospettive, è vero, appaiono molto più seducenti e alla moda: le urla di odio hanno buon gioco a prevalere sul mormorio della riconciliazione.
Purtroppo la fastidiosità del frastuono prodotto da chi semina discordia non è percepibile dalle orecchie ottuse da manie di grandezza, facili semplificazioni, pulsioni senza freno. Serve, per così dire, un udito allenato, sensibile, se si vuole percepire e apprezzare il dolce mormorio della pace.

(FonteSussidio Cei – Avvento Natale 2016)lineaDiv1

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