Prepararsi alla Liturgia – XV domenica del tempo ordinario

Con o senza bastone

 Piero Stefani  (fonte..: www.IlRegno.it)

Am 7,12-15; Sal 85 (84); Ef 1,3-14; Mc 6,7-13

L’inizio della missione dei Dodici avviene subito dopo l’esperienza di incredulità con cui Gesù si dovette confrontare nella sua Nazaret. Presa la distanza dalla dimensione stanziale dei suoi compaesani, egli invia il gruppo dei chiamati a predicare la conversione per le strade della Galilea.

Secondo Marco essi non proclamarono la vicinanza del Regno (che fu l’annuncio iniziale di Gesù, cf. Mc 1,15), ebbero però il potere di scacciare i demoni e di ungere e guarire gli infermi (cf. Mc 6,12-13). Tuttavia nella tradizione cristiana, ancor più del compito affidato ai Dodici, è rimasto impresso nella memoria lo stile del loro andare. Il potere di scacciare i demoni e di guarire i malati non è di tutti, la modalità con cui i discepoli andarono per i villaggi galilaici è invece imitabile da parte di chi ha il coraggio di farlo.

Si legge nella Regola non bollata di Francesco di Assisi (c. XIV): «Quando i frati vanno per il mondo non portino niente per il viaggio, né sacco, né bisaccia, né pane, né pecunia, né bastone [cf. Lc 9,3; 10,4-8; Mt 10,10]. E in qualunque casa entreranno dicano prima: Pace a questa casa [cf. Lc 10,5]. E dimorando in quella casa mangino e bevano quello che ci sarà presso di loro [cf. Lc 10,7]».

Lo spoglio andare dei Dodici è antitetico alla stanzialità del dimorare; proprio per questo motivo chi percorre le vie in quel modo ha bisogno di essere ospitato. Nei nostri giorni la preoccupazione che tocca più da vicino noi stanziali è quella dell’ospitare. I Dodici sono però dalla parte di coloro che hanno bisogno di essere accolti. Il rifiuto di essere ospitati si trasforma in segno di giudizio: «Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene scuotendo la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro» (Mc 6,11). L’esistenza di un giudizio nel contesto evangelico è saldamente collegata allo svolgimento della missione, in senso stretto ciò vale dunque solo per i Dodici; tuttavia come non pensare ad altri rifiuti e a schizzi di acqua salata o di sabbia desertica metaforicamente scrollati nei confronti di chi chiude, nella realtà e non nella metafora, le porte dell’accoglienza?

In Marco vi è un particolare che lo contrappone agli altri due Sinottici: «Egli ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone» (Mc 6,8), un ausilio per camminare escluso sia da Matteo 10,10 sia da Luca 9,3 (sia da san Francesco). È un particolare trascurabile? Il fatto che questo riferimento sia stato soppresso negli altri due Vangeli tende a indicare che, per i Dodici, il bastone non ricopre un ruolo decisivo come lo fu nella storia di Mosè e Aronne (anche loro erano in due; cf. Es 4,1-5.20; 7,90-12; Es 14,16; 17,5.9; Nm 20,8).

Quale ruolo svolge dunque il bastone? Il pensiero che per primo viene in mente è che gli oggetti che non bisogna portare con sé (pane, sacca, denaro, doppia tunica) sono scorte per rendere meno disagiato il viaggio; il bastone serve invece per camminare più speditamente. Occorre affrettarsi per compiere quanto ci è stato chiesto, bisogna essere solleciti nel passare di casa in casa, di villaggio in villaggio. La mancanza di denaro, sacca, tunica costringe a essere ospitati; il bastone sospinge a camminare.

Se il bastone è segno di sollecitudine e di premura, perché Matteo e Luca lo proibiscono? Senza pretendere di farla assurgere a spiegazione esegetica, forse conviene ricordare che, secondo le norme rabbiniche, chi sale al Tempio di Gerusalemme non deve avere con sé né borsa né bastone (Talmud babilonese Berakhot, 62b): per i Dodici andare verso la gente è un compito paragonabile all’atto di recarsi al Tempio. Marco con il suo bastone sottolinea lo zelo; dal canto loro Matteo e Luca, con la mancanza del bastone, evidenziano la convinzione secondo cui compiere quanto ci è chiesto da Gesù significa attuare una specie di atto di culto.

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