UNA VERA VITA DA FIGLI DI DIO NOSTRO PADRE
Fabio Rosini (fonte: www.famigliacristiana.it)
(Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Giovanni 3,16-18
Nella prima lettura della festa della Santissima Trinità si ascolta la proclamazione del nome del Signore, e in quel nome c’è nascosta la Sua misericordia. Il Vangelo apre uno squarcio luminoso sulla vita stessa di Dio che si manifesta come amore sconfinato che salva, ma credere nel nome dell’unigenito Figlio di Dio è decisivo. Ma quanto è importante questo nome? A noi un nome sembra solo una parola che fa da codice di riconoscimento di qualcosa. Ma nelle Scritture è ben altro: il nome è il segreto, la verità di qualcuno, e conoscere il nome di una persona vuole dire avere esperienza di lui, in certo senso vuol dire aver un contatto autentico con la sua realtà. Conoscere il nome di Dio non è un’informazione in più; infatti coloro che conoscono il nome di Dio hanno un cambio radicale di esistenza. Uno su tutti: Mosè al roveto ardente riceve la rivelazione del Nome e tutta la sua vita ne è stravolta.
Perché questo? Perché sapere il nome di Dio vuol dire aver capito veramente Chi Lui sia. E questo è decisivo, se si pensa che il racconto della caduta di Genesi 3 parte dalla denigrazione dell’immagine di Dio nel cuore di Eva. Lei cade nell’assurdo dopo aver pensato che Dio è assurdo e cattivo. Per distruggere l’uomo basta devastare Dio nel suo cuore, ossia mettere nel suo animo un nome falso di Dio. Se Dio non è Padre, allora cosa è? Se non è tenerezza, che cosa resta? Se Dio non mi vuol bene incondizionatamente, allora in fondo sono solo, mi devo meritare il diritto di esistere e sopravvivo sulle mie forze. Un’esistenza insicura derivata da un’immagine di Dio estranea all’amore.
Nell’ultima parte del secolo scorso un’intera generazione è fuggita dalla Chiesa perché Dio gli era stato presentato per molto tempo come moralista e castrante, e a un dato momento è iniziata un’irreversibile scristianizzazione, perché non valeva più la pena di stare dalle parti di un dio così antipatico, così minuscolo. È un processo tutt’ora in atto.
LA FUGA DEGLI ADOLESCENTI.
Valli a riprendere gli adolescenti scappati dalla Chiesa dopo averli rimproverati o annoiati… poi si dice che non ci sono vocazioni. Ovvio. Ed è così che possiamo capire perché vale la pena di celebrare la festa della Santissima Trinità: perché abbiamo bisogno, come i discepoli nel giorno della Resurrezione, di fissare lo sguardo in Colui che era stato tratto, e gioire di chi Lui sia. Abbiamo bisogno che la Liturgia, la luminosa tradizione della Chiesa e la Parola di Dio tornino a far splendere il nome di Dio nel nostro cuore. Abbiamo bisogno di ricordare che Dio è Padre, la sua onnipotenza non è arbitrio ma provvidenza, che Lui non crea in modo freddo e chimico ma genera alla vita perché ama la vita, e nessuno di noi è un errore.
Abbiamo necessità di guardare al nostro dolce Signore Gesù Cristo per come è: uno Sposo innamorato che dona tutto per noi, che ci ama anche quando lo crocifiggiamo. Quella intuizione autentica del Padre e del Figlio è l’opera dello Spirito Santo in noi. Così allora viene voglia di vivere la vita piena, la vita dei figli.
04 giugno 2020
(Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)