L’ABBONDANZA PASSA DAL RAPPORTO COL SIGNORE
Fabio Rosini (fonte: www.famigliacristiana.it)
(Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa».
Luca 9,11-17
La festa del Corpo e Sangue del Signore celebra la nostra relazione con Dio, che non è fatta di astrazioni, ma di realtà concrete, come il cibo di cui ci sostentiamo. Nel brano di questa domenica si parte da una giornata in cui Cristo annuncia il Regno di Dio e cura le folle. Quel che seguirà servirà a manifestare tangibilmente ciò che Lui ha predicato e operato.
Siamo alla fine del giorno, la sera si avvicina e una necessità incombe: questa gente, che ha ascoltato tutto il giorno, dovrà pur mangiare…
In ogni relazione, presto o tardi, arriva il momento in cui emergono i bisogni dell’altro: cosa fare a quel punto? L’uomo preferirà tendenzialmente sottrarsi a questo tipo di situazioni, infatti la prima cosa che appare è l’atteggiamento dei discepoli: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo».
La strategia di Gesù è totalmente diversa; Lui, peraltro, non risolve il problema da solo, ma coinvolge i suoi riluttanti discepoli perché la soluzione diventi efficace. Ha bisogno dei loro pani per risolvere la cosa. Che cosa curiosa! Siamo affamati noi stessi e invece Lui ci chiama a soddisfare la fame altrui. Ed è proprio nel soddisfare il bisogno degli altri che la nostra fame è saziata veramente. Noi pensiamo: «Se avessi abbastanza, lo darei pure, ma non avendone a sufficienza, non posso certo affrontare questi problemi…» – sembra ovvio, ma le cose con Dio non funzionano così! Con Gesù non è una questione di avere abbastanza, ma è piuttosto questione, poco o molto che sia, di consegnargli quel che si ha. Lui saprà moltiplicare quel “poco”, ma a partire dal poterne disporre.
L’uomo sotto la pressione dei problemi si scervella ed escogita soluzioni e l’esperienza insegna che talvolta le soluzioni sono quasi peggio dei problemi… se, infatti, l’ansia diventa il cocchiere della nostra vita, finiremo nell’autodistruzione o nella mediocrità, quella che gronda dalla banale soluzione proposta dai discepoli.
IL POCO CHE ABBIAMO. Il passo cruciale – qui come in ogni altra situazione – non è avere chissà quali risorse in tasca per risolvere i problemi, ma che facciamo il salto ed entriamo in relazione con Dio. Può capitare che l’ultima cosa che uno va a pensare è che si tratti di “consegnare” a Dio quel poco che abbiamo.
Per noi cristiani ogni problema si gioca sul piano del rapporto con il Padre. Lì scopriamo mille volte che quel che ci opprime è un’opportunità di crescita, diventando un luogo in cui entriamo in relazione con la Sua provvidenza.
La fame della folla è il momento, per i discepoli, per sperimentare il Regno di Dio, di cui tutto il giorno Gesù ha parlato. La potenza di Dio non elimina la nostra fragilità, ma fa delle nostre precarietà il luogo in cui troviamo la pace in Lui.
Gesù stesso alza gli occhi al cielo prima di benedire il pane e distribuirlo ai discepoli. Anche lui, per risolvere il problema della fame delle masse, passa per il Cielo, si affida al suo rapporto con il Padre. Allora arriva l’abbondanza.
20 giugno 2019
(Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)