LA FIDUCIA NEL PADRE CHE CI SALVERA’
Fabio Rosini (fonte: www.famigliacristiana.it)
(Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana)
Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia».
Matteo 3,13-17
Alle resistenze di un Battista riluttante Cristo risponde dicendo: «Conviene che adempiamo ogni giustizia». Per l’appunto, che l’inferiore battezzi il superiore sembra una cosa fuori squadra; cosa intende il Signore per adempimento di ogni giustizia?
Non è la giustizia del diritto romano, non è il quique suum rappresentato con la bilancia, ossia l’equità, la distribuzione secondo il diritto. È la giustizia di Dio, che nelle Scritture è il compimento della Sua Parola, la realizzazione dei Suoi disegni. Nella nostra mentalità un uomo è giusto quando si comporta secondo le regole, mentre nella Bibbia è giusto l’uomo che crede alla fedeltà di Dio, che si abbandona ai suoi disegni e confida nelle promesse che Dio gli ha fatto.
La ferita che la fede d’Israele porta in sé è la constatazione di non aver dato mai credito fino in fondo al suo Dio, di non essersi mai fidati del tutto, di restare sempre un po’ incapaci di abbandonarsi. Mosè non entrerà nella terra promessa, Davide non potrà costruire il tempio, perché hanno fatto i loro errori, si son persi qualche pezzo, non arrivano del tutto alla méta. La giustizia non l’ha mai adempiuta nessuno. Pietro, negli Atti parlerà della volontà di Dio come di «un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare» (At 15,10).
Come si adempie ogni giustizia? Perché questo non è stato possibile fino a quel giorno? Il fatto che finalmente consente questo adempimento qual è? Gesù viene battezzato, vede lo Spirito discendere su di lui e la voce del Padre dal cielo dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». È questa la giustizia? Pensiamoci: il peccato entra nel mondo perché l’uomo non crede che Dio sia suo Padre, dubita del Suo amore e da quel momento sta sulla difensiva e vive in tensione.
STATO DI “ORFANANZA”.
Il cuore dell’uomo, abituato a questa diffidenza, vive, come dice papa Francesco, in stato di “orfananza”. Ragioniamo, operiamo, optiamo come chi non ha altri che sé stesso su cui fare affidamento; tutto è sulle nostre spalle, non c’è Provvidenza, ma solo il nostro sudore e le nostre qualità. I nostri limiti ci spaventano e i nostri errori ci opprimono.
Perché viviamo da orfani, da “nati per caso” o per errore. Dobbiamo giustificare il nostro diritto a esistere conseguendo meriti, successi, preoccupati della nostra immagine e paludati sotto strategie di autodifesa che diventano le nostre gabbie. Ecco che compare una nuova esistenza e non è quella di chi è più furbo ancora, più forte ancora, più bello ancora, più ricco o altro. È la vita di un Figlio che conosce il Padre, che si porta dentro il Suo compiacimento, ossia sa che il Padre è contento che Lui ci sia. Cristo non ci porterà qualità o ricchezze o rassicurazioni o strategie, ma ci farà conoscere il Padre e smetteremo di chiedere scusa di esistere. Perché anche in noi sarà posto il Suo compiacimento. Lo Spirito Santo ci insegnerà che Dio è nostro Padre e ci potremo fidare di Lui.
Questo ci farà giusti, questa fiducia ci
09 gennaio 2020
(Autorizzati alla pubblicazione dalla Direzione di Famiglia Cristiana