La quarta vetrata, quella entrando a sinistra, raffigura la natività di Gesù, che la tradizione bizantina chiama “la nascita secondo la carne umana di Gesù Cristo”.
L’iconografia è quella classica, Maria, quasi accovacciata sul divino Bambino (spesso la Vergine ha in braccio il figlio appena nato. In questo caso l’iconografia parla di Maria come il primo trono di Gesù) e San Giuseppe che li protegge.
Giovanni Paolo II parlando del padre putativo lo definisce “custos”, colui il quale protegge, sia Maria che il figlio di Dio.
Poi un angelo, a dimostrazione che con l’incarnazione il cielo è sceso sulla terra, e la stella cometa, che per gli antichi rappresentava un triste presagio e un sovvertimento, in effetti il “disordine” è ben raffigurato nel presepe.
Un Re che nasce povero e una misera stalla che splende come il Sole.
Il cristianesimo ha fatto diventare la cometa simbolo dell’incontro tra opposti, conciliazione tra ordine e disordine. Basta ascoltare la bellissima canzone in napoletano scritta da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (lo stesso che ha scritto “Tu scendi dalle stelle”) per capire, che tutto è nuovo, tutto è diverso, tutto è ricapitolato con la nascita del Dio bambino: «Quann nascettebNinno a Betlemme era notte, ma pareva miezojuorno, cu tutti ch’era viernu Ninno Bello nascettero a migliaia rose e sciure».