..con gioia verso il Natale!

Magnificat

L‘anima mia magnifica il Signore *
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
 
perché ha guardato l’umiltà della sua serva. *
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.
 
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente *
e santo é il suo nome:
 
di generazione in generazione la sua misericordia *
si stende su quelli che lo temono.
 
Ha spiegato la potenza del suo braccio, *
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
 
ha rovesciato i potenti dai troni, *
ha innalzato gli umili;
 
ha ricolmato di beni gli affamati, *
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
 
Ha soccorso Israele, suo servo, *
ricordandosi della sua misericordia,
 
come aveva promesso ai nostri padri, *
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
 
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.

lineaECandela

Meditazione

Canta Maria, canta Elisabetta; canta la vergine fatta Madre in tenera età, canta l’anziana donna visitata da Dio quando erano svanite tutte le possibilità umane di maternità. Il Magnificat è un canto a due voci, nato dal cuore e dalle labbra di due donne in cui Dio ha reso possibile l’impossibile: Maria incinta per opera dello Spirito Santo all’alba della femminilità, Elisabetta graziata al tramonto. Non è solo il canto di introito all’incontro, ma un’aria che è risuonata per tre mesi nelle stanze della casa e del cuore, lasciandovi un’eco che ancora oggi possiamo ascoltare nella liturgia del Vespro. Vi si intersecano due temi musicali come in una sinfonia: il tema del ribaltamento della storia dove i poveri seggono sui troni e i prìncipi chiedono l’elemosina, gli affamati seggono a mensa e i ricchi lavorano a giornata per un pane, e il tema della predilezione di Dio per Israele, tenendo fede alla promessa fatta ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, a Davide di procurare una discendenza stabile e potente. Le nostre chiese dovrebbero essere casse armoniche di canti, e invece sono cappelle cimiteriali dove gran parte del culto è assorbito da bare e defunti (“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”): i cristiani dovrebbero essere uomini e donne della gioia, e invece vanno in giro con facce da funerale che non attirano nessuno, le nostre liturgie dovrebbero essere intrise di gioia di vivere, di vagiti di bambini e smanie di adolescenti, e invece sono rianimate da voci arrochite e da rantoli di moribondi. Maria ci insegna a cantare la fede muovendo non solo concetti teologici, ma anche note e armonie, emozioni e struggimenti di gioia fino alle lacrime, che commuovono l’anima e innalzano i cuori come aquiloni. Sai cantare la fede? Ritieni il canto un elemento non coreografico della liturgia che deve coinvolgere tutti? Ti capita di cantare qualche volta da solo in casa, in bagno, sotto la doccia, un inno liturgico?

Meditazione del giorno a cura di mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano-Calvi. (Fonte : Zenit.org)

lineaDiv1

Lascia un commento