In principio c’era il mito del divorzio come una liberazione per genitori e figli. Dopo milioni di separazioni si è scoperto che per i genitori il trauma del fallimento della loro vita matrimoniale è una cicatrice indelebile e per i figli è fonte di infiniti disturbi e gravi ripercussioni sociali (povertà, basso livello di istruzione ecc.).
I risultati sono però stati accolti spiegando che sarebbe meno peggio per i bambini che i loro infelici genitori si separino, piuttosto che sforzarsi di vivere assieme continuando a litigare. Ma numerosi ricercatori, come B.D. Whitehead della Rutgers University e altri, hanno dimostrato che per i bambini il divorzio e la permanenza in una “nuova famiglia” è in realtà molto peggio del vivere in una casa infelice: in molti di questi matrimoni, infatti, segnati da insoddisfazione coniugale, straniamento emotivo ed incomprensione reciproca, i due adulti sacrificano alcuni dei loro interessi al fine di preservare la stabilità della casa e la cura necessaria per la loro prole e si rileva un effettivosforzo di migliorare il loro matrimonio per il bene dei figli, riuscendoci in molti casi e ritrovando l’armonia e il sentimento di amore verso il coniuge. L’amore per i figli spinge i genitori a cambiare anche i pregiudizi dell’uno verso l’altro.
Oggi invece si è arrivati a parlare di divorzio breve, cioè di accelerare i tempi nel veder fallito il proprio principale progetto di vita comune. Due giorni fa il ddl è arrivato in Senato ma il fronte del “no” è ampio, favorevoli solo M5S e Sel mentre il PD ha venti senatori contrari, coordinati dal vicepresidente Stefano Lepri. I sostenitori parlano anche in questo caso si tratterebbe di conquista storica. La Chiesa non la pensa così (e nonostante questo è la prima ad aiutare i genitori divorziati a ricostruire la loro vita), è infatti intervenuta tramite il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino dopo l’approvazione da parte della Camera del divorzio breve: «non darà nessun contributo. Non credo si possa parlare di conquista, tanto meno definirla storica. Una accelerazione per quel che riguarda il divorzio non fa che consentire una deriva culturale. Togliere spazio alla riflessione non risolverà. Il matrimonio e la famiglia restano il fondamento della nostra società. La fretta non porterà da nessuna parte». Parole chiare, nette, eppure c’è chi è convinto che la chiesa di Francesco abbia rinunciato ad intervenire nel dibattito politico sui temi eticamente sensibili.
Come sempre la realtà da ragione alla visione della Chiesa: uno studio inglese ha infatti rilevato che il 54% dei divorziati vive con grossi rimpianti la rottura, una volta che si sono calmate le acqua, sperimentando ripensamenti sul fatto di aver preso la decisione giusta. Molti si sono accorti di amare ancora il loro ex-partner, il 42% di questi ha provato a ricostruire il rapporto e il 21% è riuscito a tornare assieme alla persona con cui aveva divorziato. Uno su cinque ha avuto rimpianti fin da subito, il 19% invece entro una settimana. Altri hanno ammesso di voler ricominciare soltanto dopo l’ufficialità del divorzio, soprattutto mentre gli avvocati dividevano i beni, simbolo concreto di una vita trascorsa l’uno a fianco dell’altra.
Indietro comunque non si può purtroppo tornare, il divorzio ha indebolito indelebilmente la famiglia, il matrimonio e i rapporti tra le persone trasformandoli in situazioni temporanee: “finché dura”. Il divorzio breve peggiora ancora di più le cose, negando perfino un periodo di attesa tra la decisione di divorziare e l’effettiva separazione che, invece, lascia ai coniugi il tempo di riflettere maggiormente sulla decisione. Oggi sappiamo che se seguiranno la loro arrabbiatura, metà delle volte si pentiranno e vorranno tornare indietro. Ma sarà troppo tardi.
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